Pensioni post quota 100, la proposta di Tridico (Inps): contributiva dai 62 anni e retributiva dai 67
Sulle pensioni flessibili il presidente Inps Pasquale Tridico ripropone l’ipotesi di una doppia uscita. Il primo assegno potrà essere maturato dai 62 anni, ma per la parte retributiva bisognerà attendere i criteri della legge Fornero.
Le pensioni flessibili si scontrano con la fine certa della quota 100 al prossimo 31 dicembre 2021. Dopo la conferma sulla scadenza dell’opzione in arrivo dal governo Draghi i sindacati e i lavoratori premono per avere una nuova opzione di uscita anticipata dal lavoro. Ma al momento sembra fattibile che le uniche eccezioni saranno consentite a coloro che stanno vivendo situazioni di particolare disagio in età avanzata.
Il classico esempio è quello dei lavoratori che svolgono attività gravose o usuranti. Oppure che subiscono fortemente il rischio di contagio dettato dal coronavirus. D’altra parte, proprio l’emergenza sanitaria avrebbe costretto ad attente riflessioni sulla tenuta dei conti pubblici. Per chi non riuscirà a maturare i requisiti della quota 100 entro la fine dell’anno e non rientra in una situazione di fragilità, la strada per l’accesso all’Inps si fa quindi in salita.
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Lo scalone che si potrebbe concretizzare si estende fino a 5 anni. E non stupisce che le parti sociali parlano già del rischio di nuovi esodati. Così, per fare fronte alla questione il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha rispolverato nelle scorse ore la proposta di dividere in due parti l’assegno pensionistico. Garantendo la possibilità di ricevere in anticipo quanto maturato nel sistema contributivo puro.
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Stante la situazione appena descritta, l’ipotesi avanzata da Tridico prevede di garantire un primo assegno attorno ai 62 o 63 anni (l’età prevista per l’accesso alla quota 100). Questo deriverebbe dal calcolo dei versamenti effettuati nel sistema interamente contributivo. Così facendo, si potrebbe erogare un anticipo sostenibile, visto che il meccanismo prevede semplicemente di restituire ai lavoratori quanto versato negli anni.
Per ricevere la pensione piena, ovvero la parte retributiva, servirà attendere la maturazione dei requisiti previsti con la legge Fornero. Il riferimento esplicito va ai 67 anni di età, richiamati anche dallo stesso esponente dell’Inps durante la propria presenza al convegno “Pensioni: 30 anni di riforme”.
In alternativa, resta possibile maturare l’assegno retributivo anticipato con almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne). Per porre maggiore equità nel sistema, si punta inoltre a garantire la possibilità di un anno di sconto per ogni figlio, mentre ai lavoratori che hanno svolto attività gravose o usuranti si potrebbero concedere 12 mesi di sconto ogni 10 anni di lavoro
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Pensioni flessibili: uscite meno stringenti per chi accetterà il ricalcolo interamente contributivo
Un secondo meccanismo di flessibilità potrebbe inoltre concretizzarsi con l’adozione (su base volontaria) del ricalcolo interamente contributivo dell’assegno. Secondo il presidente dell’Inps, questa eventualità permetterebbe di facilitare l’uscita dal lavoro senza andare a intaccare il bilancio dell’ente pubblico. Oltre a ciò, per favorire chi vive situazioni di svantaggio o disagio potrebbero essere comunque inserite delle agevolazioni rispetto ai requisiti ordinari di pensionamento.
Infine, un ultimo intervento risulterebbe necessario sulla pensione di vecchiaia del sistema contributivo. Questa permette attualmente l’uscita dal lavoro a partire dai 64 anni, purché si maturi un assegno uguale o superiore a 2,8 volte la minima Inps. Il parametro appare eccessivamente rigido, perché taglia del tutto fuori dall’opzione coloro che percepiscono uno stipendio basso o che hanno avuto una carriera discontinua.
Tridico suggerisce di abbassare la soglia ad almeno 2,5 volte l’assegno sociale. In questo modo, si potrebbe allargare ulteriormente la platea di coloro che possono beneficiare di uno sconto di qualche anno rispetto ai 67 anni previsti in via ordinaria per la pensione di vecchiaia.
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