Pensioni, con i fondi integrativi fino a 10 anni di anticipo: ma il sistema fatica a decollare
I fondi pensione diventano sempre più fondamentali per assicurarsi un assegno dignitoso in età di vecchiaia. Ma il sistema permette anche di ottenere importanti agevolazioni quando sorge la necessità di un prepensionamento. La vera sfida resta quella delle adesioni.
Le pensioni pubbliche sempre più povere e difficili da raggiungere hanno trasformato il comparto della previdenza complementare nel corso degli ultimi anni. L’adesione a un fondo integrativo si è trasformata in un’esigenza, da quella che in precedenza appariva una semplice opportunità. Con l’arrivo della rendita integrativa temporanea anticipata (conosciuta da molti come RITA), chi ha pensato per tempo al secondo pilastro può beneficiare di un meccanismo di prepensionamento importante.
Infatti, in caso di disoccupazione in età avanzata, si può ottenere uno sconto fino a 10 anni rispetto ai requisiti ordinari di accesso all’Inps. Ma la flessibilità previdenziale non è certamente il principale strumento di leva per rilanciare le adesioni. A rendere indispensabile un assegno integrativo è il calcolo contributivo puro degli assegni pubblici. C’è il rischio concreto che molti lavoratori si trovino a percepire dal 40% al 60% dell’ultimo stipendio durante la propria vecchiaia. Infine, l’adeguamento dell’età di accesso alla quiescenza secondo i criteri dell’aspettativa di vita porterà a maturare l’uscita dal lavoro sempre più in là.
Leggi anche: Come i conti correnti online stanno cambiando le abitudini di spesa dei consumatori
Con la prospettiva, entro pochi anni, di ottenere il pensionamento solo attorno ai 70 – 75 anni di età. Tutti fattori che hanno portato da tempo i sindacati a lanciare l’allarme rispetto alle mancate adesioni ai fondi pensione. Uno scenario sul quale pesa anche l’imposizione fiscale a carico del pilastro privato, così come evidenziato nella recente audizione di Assofondipensione presso le Commissioni riunite di Camera e Senato. Ma procediamo con ordine e vediamo innanzitutto perché è diventato così importante aderire a un fondo pensione.
Pensioni di vecchiaia e anticipate sempre più difficili da raggiungere: con la Rita c’è un anticipo fino a 10 anni
La riforma del sistema previdenziale targata Monti – Fornero ha messo in sicurezza i conti pubblici, ma con gravi conseguenze rispetto ai criteri di accesso alla pensione. La quiescenza di vecchiaia si matura a oggi a 67 anni di età (con 20 anni di versamenti), mentre per l’uscita anticipata servono almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne). A cambiare è stato inoltre il calcolo dell’assegno.
Potrebbe interessarti: Licenziamento durante malattia, è possibile? Cosa succede se si supera il limite
Il sistema contributivo prevede di restituire al lavoratore semplicemente il montante accumulato, diviso per gli anni di aspettativi di vita. Rispetto al sistema retributivo, si parla di pensioni più basse anche del 30% o 40%. I fondi pensione permettono attualmente di ovviare ad entrambi i problemi. Chi ha versato regolarmente per diversi anni può ottenere un tasso di sostituzione del proprio assegno vicino all’ultimo stipendio percepito.
Inoltre, la Rita permette il pensionamento anticipato a partire dai 57 anni di età per chi ha terminato i sussidi di disoccupazione e rispetta alcuni specifici requisiti contributivi. In questi casi, il fondo pensione eroga un’indennità di accompagnamento fino alla maturazione dell’assegno di vecchiaia, ovvero 67 anni. Garantendo così la possibilità di fruirei di coefficienti di conversione migliori anche nel calcolo dell’assegno pubblico.
L’attesa riforma del sistema previdenziale privato: oltre la pratica del silenzio assenso
Per cercare di rilanciare il sistema previdenziale privato negli scorsi anni (2007) si è proceduto ad avviare un semestre di silenzio assenso. Il meccanismo ha permesso di aumentare il numero degli iscritti, ma non è stato certamente risolutivo. I fondi pensione, benché diventati indispensabili, restano appannaggio di una parte ancora troppo esigua di lavoratori.
Nelle scorse settimane i vertici di Assofondipensione sono intervenuti davanti ai parlamentari di Camera e Senato per chiedere un cambio di passo. Il presidente Giovanni Maggi e il vice presidente Domenico Proietti hanno chiesto un intervento soprattutto sulla tassazione applicata al comparto. Serve avvicinarsi al modello europeo fondato sull’imposizione delle prestazioni, mentre attualmente il fisco si abbatte anche sulla fase di accumulo.
Oltre a ciò, è indispensabile rafforzare le agevolazioni per i familiari a carico, in modo da sostenere le iscrizioni dei soggetti più deboli. Infine, un nuovo meccanismo di silenzio assenso andrebbe accompagnato a una campagna informativa estesa, così da rendere maggiorente consapevoli delle delicate prospettive previdenziali tutti i lavoratori.
Le foto presenti in questo articolo sono concesse in licenza a Giddy Up srl