Pensioni anticipate: 64 anni più contributivo, tagli fino al 18%
Le pensioni anticipate si confrontano con il termine della quota 102, previsto al prossimo 31 dicembre 2022. Una scadenza che lascia ormai poco più di sei mesi per mettere mano al sistema previdenziale. E soprattutto, per garantire ai lavoratori che anche il prossimo anno sia garantito quel minimo di flessibilità necessaria per evitare il ripristino totale della legge Fornero.
Una prospettiva che per alcuni potrebbe significare uno scalone improvviso di diversi anni. Ma se da un lato il tempo stringe, dall’altro lato ancora non è chiaro quale sarà l’impegno del governo. Al termine dell’estate partirà ufficialmente il giro di bozze legate alla manovra economica. In tale prospettiva, occorre necessariamente individuare quali correttivi apportare al sistema.
Pensioni anticipate: si va verso una mini riforma del sistema
Quello che appare certo è che il ripensamento strutturale del sistema pensionistico dovrà ancora attendere. Se ci saranno interventi, saranno comunque compresi all’interno di una mini riforma del settore previdenziale. La pandemia prima e lo scoppio della guerra in Ucraina successivamente hanno posto in secondo piano l’urgenza d’intervenire nel settore. Le pensioni non rappresentano una priorità per l’esecutivo Draghi e di questo sono consapevoli anche le parti sociali.
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II sindacati chiedono da tempo di trovare un accordo attorno a un meccanismo di uscita dal lavoro per tutti a partire dai 62-64 anni, unitamente alla quota 41 per i precoci. Ma le probabilità diventano sempre più risicate al passare del tempo. Nel frattempo i tecnici del governo hanno indicato il metodo contributivo puro come uno dei vincoli da seguire per garantire la sostenibilità del sistema.
Un meccanismo che appare una garanzia dal punto di vista attuariale, ma che comporterà sicuramente delle conseguenze rispetto all’entità dell’assegno erogato dall’Inps. Soprattutto per coloro che attualmente rientrano nel sistema misto e quindi beneficiano in modo importante del cosiddetto calcolo retributivo.
In pensione anticipata dai 64 anni, ma con tagli fino al 18%
In questo contesto si moltiplicano le simulazioni in relazione alle varie ipotesi di uscita anticipata dal lavoro allo studio dei tecnici. Dal punto di vista dei parametri, la quadra potrebbe essere trovata garantendo la quiescenza a partire dai 64 anni e con almeno 20 anni di versamenti. Le simulazioni indicano però che un eventuale ricalcolo contributivo potrebbe portare a tagli pesanti sugli assegni.
In particolare, per coloro che rientrano nel cosiddetto sistema misto, il taglio potrebbe andare dal 10 al 18%. Si tratterebbe inoltre di una perdita permanente, pertanto i lavoratori andrebbero incontro a una rinuncia importante. Con un peso che diventerebbe più pesante per coloro che rischiano di percepire assegni particolarmente bassi. Tutto ciò, visto che in molti casi la pensione rappresenterebbe l’unico reddito utile per garantirsi un tenore di vita adeguato in vecchiaia.
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È chiaro che la perdita maggiore la subirebbe chi ha maggiori versamenti antecedenti al primo gennaio 1996. Si tratta di lavoratori per i quali il retributivo ha ancora un peso importante nel sistema di calcolo della pensione.
Le pensioni anticipate e il problema dei lavoratori nel sistema misto
Tenendo presente quanto appena esposto, è chiaro che il principale nodo da sciogliere per poter avviare una mini riforma del sistema previdenziale è proprio quello dei lavoratori inseriti all’interno del sistema misto. Per coloro che possiedono una storia importante di versamenti nel contributivo, la perdita potenziale è molto limitata.
Mentre chi è totalmente nel contributivo puro può già approfittare di un meccanismo di prepensionamento che fissa i parametri di uscita a 64 anni con 20 anni di versamenti. L’altro problema di difficile soluzione è legato invece ai lavoratori precoci. I sindacati chiedono per quest’ultimi l’ingresso nell’Inps a partire dai 41 anni di versamenti, senza limiti anagrafici o di altro genere.
Attualmente l’opzione è disponibile solo per chi ha effettuato almeno un anno di versamenti prima del compimento del diciannovesimo anno di età, rientrando contemporaneamente in uno dei profili di tutela previsto dal legislatore.
L’ipotesi della doppia pensione avanzata dall’Inps
Un’ultima ipotesi di riforma arriva invece dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Il quale propone di garantire un doppio binario di uscita dal lavoro. A partire dai 64 anni si potrebbe infatti erogare la pensione legata al calcolo contributivo. Mentre l’assegno completo verrebbe erogato al raggiungimento dei 67 anni di età. In questo modo, si potrebbe garantire una sorta di prepensionamento, evitando anche di applicare tagli importanti sugli importi.
Una proposta che però non sembra piacere ai sindacati, anche considerando che molti lavoratori avrebbero difficoltà a mantenersi per tre anni con la sola quota contributiva. Il rischio è quindi di avviare un meccanismo sulla carta, che dal punto di vista pratico faticherebbe a trovare il riscontro positivo dei pensionandi.
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