Pensione di vecchiaia, assegno a rischio col sistema misto? Cos’è e come si calcola
Andare in pensione è un diritto, ma con il sistema contributivo non sempre è possibile ottenere questo diritto. Perché tutto ciò dipende da quanti contributi siano stati effettivamente versati nel corso degli anni, o a seconda delle precedenti retribuzioni.
Parliamo di due condizionalità che tutti quelli che lavoravano prima del 1995 dovranno affrontare: Parliamo infatti del sistema misto, e per molti è un grande dilemma a livello previdenziale, a causa del calcolo non sempre favorevole per il neo-pensionato.
Pensione di vecchiaia, tutti i problemi del sistema misto
La pensione di vecchiaia, così come quella anticipata, sono calcolate dall’INPS secondo quanto previsto dalle Gestioni da essa amministrata.
Ad oggi, la determinazione della pensione è disposta secondo tre modelli di calcolo:
- calcolo contributivo,
- calcolo retributivo/reddituale,
- calcolo misto.
Tra i tre, quello più difficile e sfavorevole è quello misto, perché raccoglie i primi due modelli e crea un forte dislivello tra il precedente reddito da lavoratore e il futuro assegno previdenziale.
Il sistema misto nel calcolo della pensione prevede che la parte di contribuzione versata fino al 31 gennaio 1995 venga valorizzata con il metodo retributivo, mentre i versamenti successivi con il metodo contributivo.
Il problema è che i due calcoli sono sbilanciati a causa delle norme che li regolamentano, e in molti si sono trovati a perdere anche il 30% del potenziale assegno che avrebbero avuto con uno solo di questi calcoli.
Pensione di vecchiaia, come si calcola il sistema misto
Per il calcolo della pensione di vecchiaia col sistema misto bisognerà mischiare i due calcoli, quello contributivo e quello retributivo.
Ricordiamo che per calcolo contributivo si intende il calcolo della pensione secondo quanti contributi versati e accreditati dall’INPS, i quali verranno poi rivalutati annualmente e poi calcolati a seconda dell’età del richiedente.
Mentre per calcolo retributivo ci si basa solo sulle settimane contribuite di un determinato periodo di riferimento e sugli ultimi o migliori anni di stipendio o reddito.
Se uniti in questo sistema misto, bisognerà calcolare prima le quote A e B del reddituale, e poi quelle contributive. La Quota A è sulla contribuzione versata al 31 dicembre 1992, mentre quella B è per quella fino al 31 dicembre 1996 (per chi ha la pensione interamente retributiva fino la 31 dicembre 2011).
A conti fatti, la Quota A prevede una media di:
- 5 anni di versamenti per i lavoratori dipendenti,
- 10 anni di versamenti per gli autonomi.
Di contro, la quota B prevede un periodo di riferimento pari a:
- 10 anni per i dipendenti,
- 15 anni per gli autonomi.
E un meccanismo molto complesso: la ratio è quella di basarsi su una retribuzione media, alla quale si applicano poi precisi coefficienti, diversi da quelli previsti col modello contributivo.
Pensione di vecchiaia, cosa cambia tra i due sistemi
I due sistemi di calcolo, contributo e retributivo, diventano difficili da gestire per chi è sotto sistema misto per il calcolo della pensione di vecchiaia.
Perché il retributivo valorizza gli ultimi anni di stipendio, mentre il contributivo tutti i versamenti dell’intera carriera lavorativa.
Sono due sistemi che guardano anche a due epoche diverse: il retributivo era garante di una pensione più alta al lavoratore, dato che valorizza in modo più conveniente gli anni in cui il lavoratore ha avuto lo stipendio più alto.
Dopo la riforma Dini del 1995, e l’introduzione del sistema contributivo, la pensione s’è fatta più contenuta, soprattutto per coloro che lavoravano anche prima del 1995. Solo chi lavora dal 2012 avrà il solo calcolo contributivo.
Pensione di vecchiaia, una semplice simulazione
Per capire meglio i problemi del sistema misto nel calcolo della pensione di vecchiaia, facciamo una semplice simulazione.
Supponiamo di essere un lavoratore a fine carriera, senza riscatto di laurea o altro, e con la seguente situazione reddituale e previdenziale:
- retribuzione media di 25.000 euro annui,
- 15 anni di contributi prima del 1996, 23 anni dopo il 1996.
A 67 anni, il lavoratore avrebbe due quote per i primi 15 anni:
- 7.500 euro per la Quota A e B;
- 10.578 euro per la parte contributiva.
Nel complessivo avrebbe diritto a 18.078 euro di pensione annua lorda, cioè 1.391 euro al mese (per 13 mensilità), e questo nonostante più anni contributivi per la seconda parte.
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