Pensione dai 62 anni con quota 100: nuovo no Ocse
L’organizzazione per lo sviluppo economico OCSE torna a bocciare la pensione con quota 100. Nel mirino anche l’opzione donna. Urgente intervenire sulla sostenibilità del caposaldo pensionistico. Dal governo apertura verso una misura equilibrata di flessibilità.
Sulla pensione anticipata dai 62 anni di età tramite la quota 100 arriva un nuovo stop OCSE. L’organizzazione è tornata sul punto, ribadendo quanto in realtà aveva già sottolineato con i precedenti report. E insieme alla misura di flessibilità approvata dal primo governo giallo verde c’è finita anche l’opzione donna, un’altra opzione che consente il prepensionamento in favore del genere femminile.
Le motivazioni del nuovo altolà sono contenute all’interno dell’ultimo Economic survey per l’Italia. C’è da dire che però sullo schema di flessibilità si era già abbattuto il parere negativo del governo. Risultava infatti già praticamente certo che un possibile rinnovo del provvedimento non sarebbe avvenuto all’interno della legge di bilancio 2022. Desta invece maggiori perplessità l’intervento sull’opzione donna. Vediamo perché, qual è stato il commento del governo e quali prospettive si aprono nel prossimo futuro.
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Gli schemi di accesso alla pensione anticipata bocciati dall’Ocse
Iniziamo riepilogando brevemente quali sono gli schemi di accesso alla pensione anticipata bocciati dal nuovo report dell’Ocse. La quota 100 consente di accedere alla pensione a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di contribuzione. Il provvedimento non presenta penalizzazioni sull’assegno, ma vincola il richiedente a fermare l’attività lavorativa. Fanno eccezione i redditi occasionali nella misura massima di 5mila euro l’anno.
L’opzione donna consente l’uscita dal lavoro a partire dai 58 anni di età (59 per le autonome) e con almeno 35 anni di versamenti. In questo caso è possibile proseguire con l’attività lavorativa. Le lavoratrici devono però sottostare al ricalcolo interamente contributivo dell’assegno, con penalizzazioni che possono arrivare a pesare fino al 30% sull’importo erogato dall’Inps.
Oltre a ciò, devono accettare una finestra temporale di attesa per ricevere il primo assegno corrispondente a 12 mesi (che si estendono a 18 mesi per le autonome). Sia per la quota 100 che per l’opzione donna sussiste la cristallizzazione, pertanto chi matura il diritto negli anni in corso di validità potrà richiedere l’accesso alla pensione con queste modalità anche in futuro.
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I commenti in arrivo dal governo dopo il nuovo report: le parole del ministro Franco
Il commento a stretto giro del governo in merito ai contenuti del nuovo report Ocse sui meccanismi di accesso alla pensione anticipata non si è fatto attendere. Nelle scorse ore il ministro dell’Economia Daniele Franco ha ricordato che la quota 100 terminerà entro il 2021. Il prossimo anno si concretizzerà quindi un “forte cambiamento nei requisiti di pensionamento”, pertanto l’esecutivo sta discutendo su come intervenire.
Franco ha anche anticipato che una soluzione sarà trovata all’interno della prossima legge di bilancio 2022, ma ancora non è chiaro quale sarà il perimetro effettivo della nuova flessibilità pensionistica. Senza un nuovo intervento, la fine della quota 100 rischia di produrre uno scalone lungo fino a 5 anni.
Le ultime ipotesi di riforma parlano di una possibile estensione dell’APE sociale, ma anche di un nuovo prolungamento dell’opzione donna. A completare il set di soluzioni dovrebbe esserci un ulteriore potenziamento dei contratti di espansione. Si tratta di meccanismi che potrebbero alleggerire il ritorno alla legge Fornero, pur senza ripristinare il grado di flessibilità di cui beneficiano attualmente i lavoratori.
La risposta dei sindacati all’Ocse: il sistema previdenziale italiano è stabile
Nelle scorse ore si è concretizzata anche la risposta dei sindacati all’ultimo report elaborato dall’Ocse. Il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli ha ribadito che “il sistema previdenziale italiano è finanziariamente stabile e lo sarà anche in prospettiva. Questo perché le ripetute manovre previdenziali hanno inciso pesantemente sulle condizioni di accesso dei lavoratori alla pensione”.
Secondo il sindacalista, “la spesa pensionistica realizzata in questi anni è stata sempre e di gran lunga inferiore a quanto previsto con gli atti di programmazione finanziaria”. Ghiselli sottolinea anche il progressivo (e ormai prevalente) passaggio al sistema contributivo puro, che rende ancora più sostenibile il sistema pensionistico pubblico italiano.
Anche per questo motivo, la Cgil chiede una nuova convocazione al governo e al ministro del Lavoro Andrea Orlando, al fine di trovare una soluzione condivisa alla necessità dei lavoratori di maggiore flessibilità per l’accesso alla pensione.
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