Fondi pensione: anche con il coronavirus rendono più del TFR
I fondi pensione confermano la propria valenza nonostante le gravi conseguenze dettate dalla crisi del coronavirus. Il rendimento nel 2020 è superiore rispetto a quello attribuito al TFR. Gli iscritti toccano quota 8,4 milioni.
La Covip pubblica i dati riguardanti l’andamento dei fondi pensione nel corso del 2020, confermando risultati positivi nonostante la crisi pandemica. Rispetto a coloro che hanno scelto di lasciare il proprio TFR in azienda, la rivalutazione media garantita dai fondi pensione è stata superiore di quasi tre volte. Nel primo caso si parla infatti di una rivalutazione dell’1,2%, mentre la previdenza complementare ha garantito mediamente il 3,1% con i fondi negoziali e il 2,9% con quelli aperti.
La stessa authority certifica quindi la bontà della scelta di coloro che hanno destinato la propria liquidazione al pilastro pensionistico privato. Una misura che diviene al giorno d’oggi sempre più indispensabile, visto che la pensione pubblica rischia di non riuscire più a fornire un adeguato tasso di sostituzione dell’ultimo stipendio. Il nodo principale da sciogliere resta quello dell’adesione. Questo considerando che gli iscritti risultano al momento circa 8,4 milioni, con una crescita di appena il 2,2%.
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E proprio su questo punto, c’è da sottolineare che tra i lavoratori che possiedono percentuali di adesione al comparto più basse ci sono i giovani. Si tratta dei persone che potrebbero avere vantaggi importanti anche con versamenti contenuti, per via del lungo periodo contributivo davanti a sé. Ma allo stesso tempo, sono anche i soggetti che avrebbero maggiore necessità di una copertura previdenziale privata, visto il particolare meccanismo di funzionamento del sistema contributivo puro utilizzato dall’Inps.
Fondi pensione: il paradosso del sistema previdenziale privato italiano
È tenendo a mente quanto appena riportato che emerge il paradosso del sistema previdenziale privato italiano. Attualmente i fondi pensione sono maggiormente utilizzati proprio da coloro che ne avrebbero minor bisogno, presentando maggiori garanzie e protezioni nel mercato del lavoro. Gli under 35, ad esempio, rappresentano solo il 22,7% degli iscritti. Mentre altre categorie deboli nel mondo del lavoro, come le donne, si fermano comunque al 38,3%.
Resta poi implicito che la fine delle misure di protezione del mercato del lavoro e degli stimoli garantiti dal governo per contrastare l’avvento della pandemia rischia di abbattersi indirettamente anche sul settore delle previdenza complementare. Si pensi ad esempio al blocco dei licenziamenti, che attualmente garantisce la contribuzione al secondo pilastro di moltissimi lavoratori.
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I dati relativi ai fondi pensione in Italia e al risparmio pensionistico privato
All’interno del dossier stilato dalla Covip si fa poi il punto in merito alla situazione del risparmio previdenziale privato in Italia. In base alle ultime indicazioni dell’authority, nel corso del 2020 il risparmio pensionistico privato ha toccato quota 290 miliardi di euro. Di questi, 198 miliardi sono riconducibili ai fondi pensione, mentre i restanti 96 miliardi di euro appartengono alle casse di previdenza private. Rispetto all’anno precedente, le risorse a disposizione del secondo pilastro sono cresciute del 6,7%. Nel corso del 2020 sono stati incassati circa 16,5 miliardi di euro di contributi.
Il versamento medio per ogni singolo iscritto è stato di 2740 euro, ma il 27,4% degli iscritti non ha effettuato alcuna contribuzione. Infine, per quanto concerne il numero dei fondi attivi, al termine dello scorso anno si contavano 372 fondi. Di questi, 226 erano preesistenti, 33 negoziali, 42 aperti e 71 in forma di PIP (piani individuali pensionistici). La copertura dei lavoratori è stimata complessivamente al 33%, ma il dato sale al 57% nel Nord Italia.
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