Minimum Tax globale del 15%: con la nuova proposta degli Stati Uniti l’accodo è più vicino
Dagli U.s.a. la proposta di una minimum tax al 15% per tutte le multinazionali. L’aliquota scenderebbe così dal 21% iniziale. Il pressing dell’amministrazione Biden e le trattative in corso presso l’Ocse.
Una minumum tax del 15% di natura globale e da applicare a tutte le multinazionali e le grandi aziende. È questa la nuova proposta del presidente U.s.a. Joe Biden all’attenzione delle nazioni Ocse. L’obiettivo è di porre fine alla concorrenza fiscale di cui beneficiano indirettamente molte imprese transfrontaliere, con il risultato di sottrarre risorse fondamentali per la tenuta dei bilanci pubblici.
Ad avanzare la nuova proposta è stata la segretaria del tesoro americano Janet Yellen, che nella giornata di ieri ha parlato della necessità imperativa di agire sulla questione. Secondo l’economista, è fondamentale uno sforzo collettivo finalizzato a “mettere fine alla concorrenza delle tasse”. D’altra parte, l’ipotesi iniziale era legata all’applicazione di una trattenuta del 21%.
Mentre internamente l’amministrazione U.s.a. punta a portare il livello impositivo sul proprio territorio al 28%. È chiaro che in tale scenario, l’accordo su un’imposta minima globale è funzionale a scoraggiare la delocalizzazione fiscale delle società. Attualmente presso l’Ocse si sta discutendo di un’aliquota del 12,5%. Con l’ipotesi di una trattenuta minima universale del 15% le misure oggetto di discussioni tendono quindi ad accorciarsi. Anche per questo la possibilità di un accordo appare sempre più concreta.
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Tassa globale del 15% per le multinazionali: secondo il Ministero del Tesoro USA è un punto di partenza
Tenendo a mente quanto appena evidenziato, appare chiaro che la convergenza verso l’applicazione di una minimum tax del 15% rappresenterebbe un punto di partenza per una ridefinizione del sistema fiscale globale. Secondo quanto evidenziato dalla stessa Yellen, “il 15% è una base e le discussioni dovrebbero continuare a essere ambiziose, per spingere quell’aliquota più in alto”.
I negoziati coinvolgono implicitamente le multinazionali hi-tech, che risultano tra le principali beneficiarie dell’attuale situazione di deregolamentazione del fisco mondiale. L’amministrazione Biden punta a disincentivare il trasferimento delle sedi fiscali e amministrative. Ma l’obiettivo di lungo termine è la conservazione dei posti di lavoro. Quest’ultimo punto appare spinoso ed è una cartina tornasole. Le discussioni sulla tassa globale si trascinano infatti da oltre due anni.
Il quadro globale e le difficoltà relative all’applicazione di una tassa globale minima
Lo scenario che si va a delineare rende sempre più probabile un accordo, ma la situazione resta comunque complessa. Se da un lato vi sono Paesi dell’Ocse che si sono dichiarati fin da subito favorevoli all’iniziativa (come Francia, Italia e Germania), altri restano ricalcitranti. È il caso, ad esempio, dell’Irlanda. La nazione ha basato la propria economia sulla bassa imposizione fiscale per le multinazionali. Attualmente l’aliquota di riferimento nel Paese è fissata al 12,5%. Anche dalla Gran Bretagna sono emerse perplessità in merito alla possibilità di un accordo, vista la politica fiscale leggera sugli utili delle multinazionali.
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Per capire in che modo evolverà la situazione, bisognerà quindi osservare cosa accadrà nei prossimi mesi. La disponibilità degli U.s.a. a scendere sotto il 21% appare come un passaggio necessario per poter ottenere un accordo entro il termine dell’anno. In caso di successo, molte nazioni potrebbero registrare entrate fiscali importanti per i bilanci domestici. Tutto ciò, in un momento nel quale l’impatto della crisi dettata dalla pandemia ha provocato un generale aumento dell’indebitamento statale globale e rende indispensabili ingenti investimenti pubblici.
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