Pensioni anticipate 2022: sindacati ancora in pressing per le uscite dai 62 anni o con la quota 41
Con il termine della quota 100 alla fine anno sulle pensioni si rischia un nuovo scalone. I sindacati tornano in pressing per chiedere la quota 41 per tutti o un meccanismo di uscita dal lavoro alternativo dai 62 anni di età.
Sulla riforma delle pensioni continuano le dichiarazioni rilasciate dalle parti sociali al fine di favorire maggiore flessibilità previdenziale a partire dal 2022. Il principale nodo da sciogliere resta quello della fine di quota 100. Il governo non si è ancora espresso in modo definitivo su quali meccanismi di tutela andranno a sostituire la fine del sistema sperimentale di prepensionamento.
Il timore di molti è di restare esclusi dalla flessibilità previdenziale, ritrovandosi a fare i conti in via diretta con i criteri ordinari della legge Fornero. Attualmente la quota 100 consente l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età (con almeno 38 anni di versamenti).
La norma del 2011 approvata dall’esecutivo Monti – Fornero ha previsto il raggiungimento di almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne) per l’accesso alla pensione anticipata. Mentre la pensione ordinaria si matura a 67 anni di età e con almeno 20 anni di versamenti. Senza ulteriori interventi, il rischio è di dover attendere fino a 5 anni in più per poter ottenere l’agognato assegno pensionistico.
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Riforma pensioni, le ultime dichiarazioni sulla quota 41 e sull’uscita dai 62 anni di età
A richiedere nuovamente al governo una soluzione rispetto al quadro appena delineato è stato nelle scorse ore il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. Per il sindacalista, è urgente una nuova convocazione delle parti sociali al fine di ripensare il sistema previdenziale in modo più inclusivo, oltre che sostenibile. Da tempo la piattaforma sindacale formata da Cgil, Cisl e Uil chiede di avviare una riforma in grado di stabilizzare la flessibilità in uscita dal lavoro.
In particolare, si chiede al governo di stabilizzare la quota 41 estendendola a tutti i lavoratori precoci. Allo stesso tempo, serve garantire la possibilità ai lavoratori con almeno 62 anni di età di poter ottenere l’ingresso nell’Inps. D’altra parte, i finanziamenti utili a stabilizzare le tutele potrebbero arrivare da un ripensamento dell’organizzazione fiscale. “È arrivato il momento di procedere a una riforma fiscale nel segno della progressività, che sgravi pensioni e redditi da lavoro”.
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Pensioni, per il presidente Inps Tridico dopo la quota 100 non c’è un deserto per le anticipazioni
Sul punto della riforma previdenziale è intervenuto recentemente anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, il quale ha invitato a rivalutare gli strumenti attualmente già disponibili di flessibilità previdenziale. Per l’economista, “dopo quota 100 non c’è il deserto nelle anticipazioni pensionistiche”. Al contrario, in Italia esistono “una serie di misure da approfondire, come l’Ape sociale e le norme per l’accesso pensionistico anticipato di lavoratori usuranti”.
A livello operativo, l’invito è quindi quello di estendere le norme già disponibili alla situazione post pandemica. Ad esempio consentendo nuove agevolazioni ai più fragili, come gli immunodepressi e gli oncologici. Il tutto tenendo conto dell’alto livello di spesa pensionistica rispetto al Pil, un fenomeno che impone di dirigere le agevolazioni in particolar modo verso coloro che vivono situazioni di disagio in età avanzata.
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