Pensioni 2023, prospettive difficili per la flessibilità

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22/09/2022

Pensioni 2023, prospettive difficili per la flessibilità

Stringono i tempi per la riforma delle pensioni 2023. La prossima tornata elettorale sarà un punto di passaggio fondamentale per comprendere quale direzione prenderà la nuova flessibilità previdenziale. Nel contesto delle prossime consultazioni popolari, le pensioni hanno giocato un ruolo chiave tra i diversi schieramenti. Le promesse di intervento puntano principalmente a evitare il reintegro pieno della legge Fornero.

In questo senso, bisogna considerare che entro il prossimo 31 dicembre 2022 molte opzioni di prepensionamento giungeranno al termine. Basti pensare alla quota 102, all’Ape sociale oppure all’opzione donna. Strumenti di flessibilità che necessitano perlomeno di un rinnovo, se non di una stabilizzazione.

Tutto ciò, con la prospettiva di forti rialzi dei costi di settore per i prossimi anni, in virtù degli adeguamenti all’inflazione. All’interno della futura legge di bilancio, solo il capitolo delle indicizzazioni chiederà di impegnare tra gli 8 ed i 10 miliardi di euro nel 2023. In questo contesto, trovare le coperture per le pensioni anticipate rappresenterà un rebus.

Pensioni 2023: quali sono le prospettive dopo la campagna elettorale

Nonostante le premesse appena evidenziate, all’interno della campagna elettorale non sono mancate le promesse di intervento nel settore. Partendo proprio dall’uscita anticipata dal lavoro, il Partito Democratico suggerisce di rinnovare e ampliare l’Ape sociale dai 63 anni, garantendo un accesso agevolato ai lavoratori che hanno svolto attività gravose o usuranti. E riconoscendo il lavoro di cura. Si punta inoltre a rinnovare l’opzione donna e a sostenere il part time retribuito in età avanzata.


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Fratelli d’Italia suggerisce invece di bloccare l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Un meccanismo che anno dopo anno rischia di innalzare continuamente i requisiti ordinari di accesso alle pensioni. Anche in questo caso si propone la proroga dell’opzione donna, oltre all’avvio di nuove garanzie per i giovani. Si tratta infatti di lavoratori inseriti nel sistema contributivo puro e che rischiano di vivere condizioni di disagio durante la vecchiaia.

Al fine di sostenere questi interventi, si ipotizza un nuovo intervento sulle pensioni d’oro, che dovrebbe garantire i finanziamenti necessari. Infine, FdI suggerisce nuove agevolazioni fiscali per gli over 65enne e i pensionati che sostengono parenti under 36.

Il tema della quota 41 e le altre ipotesi per le pensioni 2023

Tra le proposte più discusse in merito alla riforma del settore previdenziale non poteva mancare la quota 41. L’opzione riguarda i lavoratori che hanno iniziato l’attività in giovane età e che risultano fortemente penalizzati dalle regole della legge Fornero. La Lega suggerisce di consentire a tutti l’accesso alla pensione a partire da 41 anni di versamenti. Un’opzione che attualmente risulta disponibile solo per alcune specifiche situazioni lavorative di disagio.

In aggiunta, suggerisce il riconoscimento della contribuzione figurativa e l’anticipo di pensione per ogni figlio, garantendo un’uscita alle donne a partire dai 63 anni di età e 20 anni di versamenti.

Forza Italia avanza invece la possibilità di garantire l’aumento delle pensioni minime a 1000 euro per 13 mensilità. In aggiunta, si propone l’avvio di una pensione destinata alle mamme e alle nonne. Infine, il Movimento 5 Stelle suggerisce l’avvio della flessibilità in uscita attraverso l’ampliamento delle categorie dei lavori gravosi e usuranti. Oltre alla pensione anticipata per le madri lavoratrici.

Riforma pensioni: quali saranno i requisiti di uscita dal lavoro il prossimo anno

Resta il fatto che l’attesa riforma strutturale del sistema previdenziale sembra ancora una volta destinata a slittare nei prossimi anni. Tutte le attuali proposte in arrivo dalla campagna elettorale puntano a mitigare la legge Fornero attraverso opzioni di flessibilità pensate per alcune specifiche categorie di lavoratori.


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Da anni si parla ormai di un cambio di passo che tarda ad arrivare, mentre il sistema contributivo puro si consolida come un vero e proprio punto di riferimento sia per i criteri di accesso alla pensione, sia per il calcolo dell’assegno.

Tutto ciò, considerando anche che senza un ulteriore intervento nel 2023 i criteri ordinari prevedono l’accesso alla pensione a partire dai 67 anni di età con almeno 20 anni di versamenti. Mentre per l’uscita anticipata occorrerà attendere i 42 anni e 10 mesi di versamenti, con un anno in meno per le donne.

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