Quota 103, quanto si perde e tutte le penalizzazioni previste

Autore:
Niccolò Mencucci
11/01/2023

Quota 103, quanto si perde e tutte le penalizzazioni previste

Come nuova misura previdenziale il Governo Meloni sta puntando molto su Quota 103, una nuova opzione che dovrebbe prendere il posto alla precedente Quota 102.

Sul piano delle pensioni anticipate, Quota 103 dovrebbe permettere un’uscita pensionistica più soft per tutti i lavoratori che hanno maturato decenni di contributi. Effettivamente l’uscita è soft sul piano dell’età, ma meno per quanto riguarda l’assegno finale.

Purtroppo, come molte altre quote e opzioni, Quota 103 non garantisce un assegno completo. Vediamo meglio quanto si perde con Quota 103.

Quota 103, cosa significa e quali sono i requisiti

Per Quota 103 si intende un’opzione previdenziale alternativa alla pensione anticipata e di vecchiaia disposte dalla legge Fornero. Se in queste ultime è richiesto avere 41-42 anni e 10 mesi di contributi previdenziali, o almeno 67 anni di età e 20 anni di contributi versati, con Quota 103 bastano soltanto i seguenti requisiti:

  • 62 anni di età,
  • 41 anni di contributi.

Tali requisiti dovranno essere raggiunti entro il 31 dicembre 2023, pena l’esclusione dall’opzione previdenziale.

Come richiesta contributiva è tra le più alte tra quelle previste oggi, contando che Opzione Donna ne richiede 35, e Ape Sociale 30 nel caso di alcune particolari categorie lavorative e sociali (disoccupati, caregiver…).

Eppure, nonostante l’alta quota di contributi, non sempre è conveniente per il neo-pensionato.

Come si calcola Quota 103

Il calcolo di Quota 103 è previsto in base ai contributi realmente versati al momento della cessazione dell’attività lavorativa. A pesare quindi potrebbero essere eventuali mesi extra versati, che possono far cambiare l’assegno finale.

Al calcolo verrà aggiunto anche il coefficiente di trasformazione, molto sensibile all’età anagrafica. Il coefficiente è infatti vantaggioso per chi ha un’età anagrafica prossima alla soglia disposta dalla Legge Fornero (67 anni), mentre non è assolutamente vantaggiosa nel caso dell’uscita prevista dalla Quota, ovvero 62 anni.


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A parità di contributi, alla fine del calcolo sarebbe inevitabile una pensione più bassa solo per questo coefficiente. E anche per lo stesso limite reddituale.

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Quota 103, quanto si perde rispetto alla Fornero

Se si esce rispettando i criteri imposti dalla legge Fornero per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, si avrebbe un assegno completo.

Diversamente, con Quota 103, oltre al rischio di avere un coefficiente di trasformazione svantaggioso, toccherebbe subire una limitazione reddituale, pari a 5 volte il trattamento minimo INPS.

In poche parole, sarai obbligato ad accettare come uscita anticipata un assegno lordo pari a 2800 euro, ovvero 2000 euro netti al mese, anche se si ha versato molti più contributi e si dovrebbe avere diritto ad una pensione più ricca.

Un assegno che durerà per almeno 5 anni, e senza poter cumulare altri redditi. Come accaduto per Quota 100 e 102, c’è il divieto di cumulo da redditi se provenienti da attività lavorative.

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Tutte le penalizzazioni previste

Riassumendo quanto è stato detto su quanto si perde con Quota 103, sarebbe scorretto parlare di un’opzione previdenziale esente da penalizzazioni. Perché in effetti, tra calcolo e limitazioni, la misura può risultare stretta al neo-pensionato.

Quota 103 prevede come tutte le pensioni anticipate un coefficiente di trasformazione, per cui se si esce ad un età “giovane” rispetto ai limiti della Fornero, l’assegno sarà più basso.

A questo si aggiunge anche il tetto massimo all’assegno, che, con la rivalutazione disposta dal 2023, e l’aumento della pensione minima a 563,74 euro, lo porterebbe a 2818,70 euro, poco più di 2000 euro netti al mese.

Oltre a ciò, c’è da aggiungere anche l’impossibilità di poter accumulare, oltre alla pensione, redditi da attività da lavoro, limitando definitivamente il neo-pensionato ad un assegno che potrebbe non coincidere né con la sua precedente retribuzione, né con quanto versato nei 41 anni di attività passati.


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E questo per 5 anni, a meno che non avvenga un ricalcolo dell’aspettativa di vita, previsto ogni due anni come stabilito dalla Legge Fornero. Si stima infatti un’aspettativa di vita vicina ai 71 anni, 4 in più rispetto ad oggi.

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