Pensioni quota 41, il piano del governo per la flessibilità
Pensioni quota 41, emergono importanti dettagli dall’incontro tra governo e sindacati avvenuto nel termine della scorsa settimana. L’opzione destinata ai lavoratori precoci è tra le promesse fatte durante la campagna elettorale dal centro destra, e in particolare dalla Lega. Il piano prevede quindi una sua attuazione graduale, tenendo presente che l’implementazione diretta richiede di trovare ingenti risorse.
La legge di bilancio 2023 dovrà essere approvata a stretto giro. Ovviamente, le misure di flessibilità previdenziale che la caratterizzano dovranno tenere conto delle risorse a disposizione. Per questo motivo, la ministra del lavoro Marina Calderone ha chiarito prima di tutto che quella attuale resta una fase di studio degli strumenti da utilizzare per mettere ordine all’interno del sistema pensionistico pubblico.
Quota 41: l’opzione è un punto di riferimento per il governo
Da questo punto di vista, appare chiaro che la quota 41 nella sua forma pura e senza ulteriori vincoli non potrà concretizzarsi nella nuova manovra. Dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali si sottolinea però che l’opzione rappresenterà “un punto di riferimento”, anche se “è ancora presto per poter dire in che modo e con quali condizionalità”.
Contemporaneamente, si dovranno infatti considerare anche le altre condizioni di disagio vissute dai lavoratori. Elementi che rendono fondamentale procedere alla proroga contemporanea di altre opzioni, come l’ape sociale o l’opzione donna. Non appare quindi un caso se la ministra Calderone ha confermato con i sindacati quanto già espresso dalla premier Meloni alle Camere, per la riconferma di diversi interventi previdenziali.
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Le pensioni quota 41 con vincolo anagrafico: serve garantire la sostenibilità
Quanto appena evidenziato rende evidente che almeno nel corso del 2023 la quota 41 continuerà a essere disponibile solo per alcune specifiche condizioni. Allargando però la platea degli attuali beneficiari. I quali sono oggi limitati a coloro che hanno versato almeno un anno prima del 19mo anno di età e che rientrano all’interno di specifiche condizioni di disagio individuate dal legislatore.
Le nuove pensioni quota 41 potranno invece prevedere i 41 anni di contribuzione unitamente ad un limite anagrafico. Di fatto, l’accesso alla pensione attraverso questo meccanismo sarà contingentato, in modo da non pesare eccessivamente sulle risorse pubbliche e rendere così sostenibile il meccanismo di welfare.
Il ministero sta infatti valutando “in che modo introdurre altre forme di flessibilità pensionistica che siano sostenibili”. Pur essendo consapevole della “necessità di intervenire con una riforma di sistema complessiva”. La quale “sarà necessaria indipendentemente dagli interventi che sarà possibile fare in manovra”.
Le ipotesi al vaglio dei tecnici sulle pensioni flessibili con la quota 41
In base alle ultime indiscrezioni, i tecnici dell’esecutivo sono al lavoro sulle ipotesi di una nuova quota 41 caratterizzata da un vincolo anagrafico attorno ai 62 o 63 anni. Di fatto, si tratterebbe di una proroga del sistema a quote, in grado di funzionare in modo simile alla quota 102. Quest’ultima risulta però in scadenza al prossimo dicembre. Ed anche in questo caso, si attende una eventuale proroga dal governo.
Senza nuovi interventi, il rischio è di tornare direttamente ai parametri previsti dalla legge Fornero. Ovvero 67 anni di età e 20 anni di versamenti per la pensione di vecchiaia. Oppure 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) per accedere alla pensione anticipata ordinaria.
Pensioni e Q41 e flessibilità in uscita dal lavoro: i commenti dei sindacati
Le parti sociali hanno quindi preso tempo per esprimersi in merito ai nuovi interventi promessi in campo previdenziale. Il primo incontro è stato conoscitivo, secondo il segretario confederale della Cgil Maurizio Landini. Ora sarà necessario attendere i provvedimenti che saranno proposti all’interno della legge di bilancio per poter esprimere un giudizio complessivo.
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Di tenore simile anche i commenti della Uil, la quale ha ricordato le emergenze da affrontare nel settore. Oltre alla flessibilità previdenziale, c’è infatti il recupero del potere d’acquisto dei pensionati e la detassazione delle tredicesime.
Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra ha invece ribadito che sulle pensioni è stato chiesto “di aprire urgentemente un tavolo di confronto politico per affrontare il tema del cambiamento pensionistico e previdenziale. La nostra proposta è chiara: uscita flessibile dal mercato del lavoro a partire da 62 anni, oppure con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Basta con le quote o con gli ambi secchi, come è stata quota 102” perché “bisogna lasciare libere le persone di programmare il loro futuro”.
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