Pensione Quota 100: prevalgono uomini e redditi alti
Pensione quota 100, gli ultimi dati forniti dall’Inps aiutano a costruire un quadro più preciso dei beneficiari della misura. In particolare, ad offrire un approfondimento sul meccanismo di uscita flessibile dal lavoro terminato nel corso del 2021 è il XXI rapporto annuale dell’ente. Attraverso il dossier, l’istituto fa il punto della situazione in merito all’andamento della sperimentazione triennale.
La misura è entrata in vigore nel 2019. Mentre i termini per la maturazione della domanda di pensione anticipata sono invece scaduti il 31 dicembre 2021. L’opzione volontaria garantisce l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti in favore dei potenziali aderenti. In virtù del diritto alla cristallizzazione, tutti coloro che hanno maturato i requisiti entro il 2021 possono usufruire della misura anche negli anni successivi.
Pensioni con quota 100: i dati aggiornati in merito all’opzione di flessibilità
Dal recente rapporto dell’Inps emergono quindi dati interessanti per interpretare la pensione quota 100 e l’impatto che ha avuto sulla platea dei lavoratori. I numeri indicano che le domande complessive sono state finora 482mila. Di queste, 63mila sono state respinte (la percentuale è attorno al 13%).
Sono invece 380mila le richieste di pensionamento anticipato già accolte (il 79%), mentre altre 39mila risultano giacenti (pertanto ancora in fase di gestione). Grazie ai dati dell’Inps, è anche possibile capire qual è il profilo medio del lavoratore che richiede di accedere al prepensionamento tramite la quota 100.
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L’identikit dei lavoratori che utilizzano l’opzione
Entrando nel merito del profilo riguardante il lavoratore che utilizza la pensione quota 100, troviamo in due terzi dei casi i dipendenti del settore pubblico e privato. In meno di un terzo dei casi l’opzione è stata utilizzata dai lavoratori autonomi.
In particolare, le percentuali indicano che il 49% dei richiedenti giunge dal settore privato, il 31% appartiene al settore pubblico. Appena il 20% della platea rientra nel settore autonomo.
Se invece si prendono in esame i dati relativi all’anno di decorrenza dell’assegno, nel 2019 si sono concretizzati il 40% dei pensionamenti. Nel 2020 si scende al 30% e nel 2021 il 29%. Oltre otto lavoratori su dieci hanno avuto accesso alla quota 100 dal proprio posto di lavoro, mentre il restante 20% risultava disoccupato o silente.
Il problema del gender gap e il peso delle differenze di genere sulle pensioni con quota 100
Altro elemento da considerare con attenzione è il problema del gender gap, che purtroppo continua ad avere conseguenze anche sulle opzioni di flessibilità previdenziale. In particolare, la pensione quota 100 si è rivelata una misura utilizzata perlopiù dagli uomini. I dati confermano che più dei due terzi dei beneficiari è di genere maschile.
Sul punto ha probabilmente inciso maggiormente il fattore contributivo, visto che 38 anni di versamenti sono difficili da raggiungere per molte lavoratrici. Bisogna infatti considerare il lavoro di cura in famiglia. Il quale porta le donne a confrontarsi spesso con la discontinuità lavorativa e il precariato, oltre che con orari part time. Con conseguenze facilmente immaginabili sull’estratto conto contributivo.
Pensione anticipata e Q100: età media di uscita a 63 anni
Ulteriori particolari riguardano l’età media di accesso alla pensione quota 100. L’Inps indica che nell’arco del primo triennio di sperimentazione i richiedenti possiedono poco più di 63 anni. Mentre rispetto alla contribuzione, si arriva a toccare mediamente 39,6 anni di versamenti. Sulla base di questi dati, i lavoratori che hanno scelto la quota 100 hanno deciso di approfittare il prima possibile dell’occasione di mettersi a riposo.
Mediamente, i fruitori della pensione quota 100 hanno quindi approfittato di uno sconto di 2 anni e 3 mesi rispetto alla maturazione dei requisiti ordinari. Il tutto accettando un assegno più basso di circa il 5%, in virtù dei mancati versamenti rispetto ai requisiti ordinari. Questo perché l’opzione non prevede in sé una penalizzazione applicata all’importo della pensione.
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Pensione flessibile e quota 100: i beneficiari sono lavoratori con redditi medio alti
Infine, l’ultimo elemento proveniente dall’analisi dell’Inps è probabilmente quello che potrebbe far discutere maggiormente. Infatti, la maggior parte dei percettori della quota 100 sono lavoratori caratterizzati da una buona carriera e da redditi medio – alti.
Si tratta di un dato reso evidente dall’analisi degli importi medi delle pensioni. In questo senso, l’opzione non è riuscita a incidere sulla flessibilità previdenziale agognata da molti lavoratori con condizioni di carriera precarie o discontinue.
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