Pensioni opzione donna: numeri in calo, ma si punta alla proroga
Nel dossier sulla riforma della previdenza le pensioni opzione donna rappresentano un punto con il quale il nuovo governo dovrà necessariamente confrontarsi. La misura risulta infatti in scadenza il prossimo 31 dicembre 2022. Mentre la proroga viene richiesta a gran voce da moltissime lavoratrici, che potrebbero rischiare di restare escluse dal perimetro di tutela del meccanismo di prepensionamento.
D’altra parte, sono molti i punti a favore dell’opzione donna. Tanto che il consenso politico risulta trasversale. Tra questi c’è sicuramente l’esiguità dei costi per il sistema previdenziale pubblico. Il quale, in virtù del ricalcolo interamente contributivo, può consentire la flessibilità previdenziale incamerando un risparmio certo per il futuro. Mentre le donne possono beneficiare, al costo di un sacrificio importante, di diversi anni di prepensionamento rispetto ai requisiti ordinari di accesso all’Inps.
Pensioni opzione donna: le richieste sono in calo, ma il gradimento resta elevato
L’opzione donna consente attualmente l’accesso alla pensione anticipata a partire dai 58 anni di età (59 anni per le autonome). Serve inoltre aver conseguito almeno 35 anni di versamenti e accettare una finestra di attesa di almeno 12 mesi (18 mesi per le autonome), al fine di ricevere il primo assegno da parte dell’Inps.
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Ma a far ragionare maggiormente le lavoratrici sull’opportunità di richiedere il prepensionamento è il ricalcolo interamente contributivo. Un dazio che in alcuni casi può comportare perdite secche a doppia percentuale sull’importo della pensione (fino al 20% – 30%). Anche per questo il gradimento della misura è elevato, ma le richieste risultano in calo.
Nel corso dei primi sei mesi del 2022, le domande di accesso all’opzione donna registrate (a parità di periodo di rilevazione) sono risultate 10997, contro le 20585 dell’anno precedente. Numeri che risultano in forte calo, ma che vanno di pari passo con l’innalzamento dell’età di accesso alla misura.
Per le pensioni opzione donna uscite medie comprese tra i 60 e 61 anni
Se le richieste di adesione all’opzione donna nel 2022 si sono quasi dimezzate, è cresciuta l’età media di accesso all’opzione. Si è passati infatti dai 59 anni del 2021 ai 60-61 anni del 2022. Molte lavoratrici hanno quindi preferito attendere prima di usufruire del meccanismo di prepensionamento. Un punto sul quale probabilmente incide anche il sistema di ricalcolo contributivo.
Posticipare volontariamente l’accesso alle pensioni opzione donna consente infatti alle lavoratrici di ottenere un assegno più alto. Sia per i coefficienti di conversione in rendita migliori, sia per i maggiori versamenti effettuati all’Inps. Resta comunque il fatto che circa metà delle richiedenti hanno usufruito dell’opzione donna con un’età anagrafica ancora maggiore, collocata tra i 62 e i 65 anni. Parametri che fanno immaginare un effetto molto meno pesante sull’assegno del ricalcolo interamente contributivo.
La sfida per la politica: rendere le pensioni opzione donna strutturali
Sullo sfondo resta la necessità di guardare all’opzione donna come un meccanismo stabile di flessibilità da inserire all’interno del sistema previdenziale. Si tratta infatti di uno strumento in grado di garantire le uscite anticipate rispettando il sistema contributivo puro. Ed offrendo, allo stesso tempo, uno sconto importante sui parametri anagrafici rispetto ai criteri della legge Fornero.
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Quest’ultimi richiedono infatti il raggiungimento di almeno 67 anni di età con 20 anni di versamenti per la pensione di vecchiaia. Oppure, in alternativa, la maturazione per le donne di almeno 41 anni e 10 mesi di contribuzione. È chiaro che grazie all’opzione donna è possibile ottenere uno sconto molto importante sui vincoli ordinari di pensionamento.
La politica al momento ha risposto alle esigenze di flessibilità delle lavoratrici rinnovando di anno in anno l’opzione donna. E variando contestualmente i parametri di accesso, se si considera che inizialmente era possibile usufruire di OD a partire dai 57 anni di età (58 per le autonome). La sfida per il prossimo governo sarà proprio di trasformare in senso strutturale il provvedimento, in modo da rendere possibile il prepensionamento senza attendere la proroga annuale dell’opzione.
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