Pensione a 64 anni con 20 anni di versamenti: chi può beneficiarne

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04/08/2022

Pensione a 64 anni con 20 anni di versamenti: chi può beneficiarne

Tre anni di sconto sulla pensione di vecchiaia e con appena 20 anni di versamenti. È una delle opzioni a disposizione dei contribuenti Inps che risultano iscritti all’interno del sistema contributivo puro. Si tratta di una modalità di prepensionamento che permette uno sconto interessante sui requisiti ordinari. La soglia minima di uscita dal lavoro in via ordinaria è prevista infatti a 67 anni.

Ma per poter ottenere tale flessibilità occorre raggiungere una certa soglia rispetto all’erogazione dell’assegno. E come vedremo tra poco, paradossalmente non si tratta di un’opportunità semplice da cogliere soprattutto per coloro che non possiedono un’elevata anzianità contributiva. Procediamo per ordine e vediamo innanzitutto tutti i requisiti di base per poter usufruire di questa possibilità.

Pensione a 64 anni per gli iscritti al contributivo puro: le regole di base

Per poter accedere a questa opzione di quiescenza è necessario maturare almeno 64 anni con 20 anni di versamenti, essendo iscritti al sistema contributivo puro. Questo significa che i versamenti devono essere effettuati a partire dal 1° gennaio 1996. Chi ha iniziato a versare prima, a qualsiasi titolo, non potrà quindi beneficiare del meccanismo di prepensionamento.

In aggiunta, serve aver accumulato almeno 20 anni di anzianità contributiva, anche se realizzata in modo discontinuo. Infine, il lavoratore deve aver maturato un importo minimo della pensione non inferiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale. Quindi, per poter rientrare nei parametri occorre maturare contemporaneamente il vincolo di anzianità anagrafica e contributiva, oltre a quello di natura economica.


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Perché è difficile accedere alla pensione a 64 anni per molti lavoratori

Purtroppo, a fare da barriera d’ingresso a questo meccanismo di pensionamento anticipato c’è proprio il vincolo di natura economica. Infatti, l’assegno sociale corrisponde nel 2022 a 468,10 euro. Mentre il minimo annuo (considerando le 13 mensilità) è di 6085,30 euro. Applicando il moltiplicatore di 2,8 volte previsto dalla legge, ne deriva che l’importo della pensione deve risultare superiore a 17038,84 euro l’anno.

Si tratta di una cifra importante, soprattutto considerando l’esiguità della storia contributiva. Tenendo presente il lasso di tempo utile, l’anzianità massima raggiungibile nel 2022 corrisponde a 26 anni. Anche ipotizzando di non aver mai perso neppure un anno di versamenti, per poter ricevere una pensione simile occorre aver conseguito nella propria carriera una retribuzione medio alta.

Restano così esclusi dall’opzione moltissimi lavoratori. Tra i quali molti di coloro che avrebbero maggior necessità di ottenere un assegno pensionistico. Pensiamo ai precari, i part time e ai lavoratori che hanno svolto attività discontinue. Così come a coloro che svolgono lavori caratterizzati da un basso salario.

Come funziona il calcolo della pensione nel sistema contributivo puro

Purtroppo a essere particolarmente penalizzante è proprio il meccanismo di calcolo insito nel sistema contributivo puro. Il principio di base è infatti di restituire al lavoratore tramite i ratei di pensione quanto ha accumulato durante la propria vita lavorativa. Resta evidente però che per poter avere una pensione elevata occorre aver versato cifre importanti, soprattutto in un lasso di tempo ristretto.

Il contributivo applica infatti al montante i cosiddetti coefficienti di conversione in rendita, che sono legati all’aspettativa di vita al momento del pensionamento. Se prendiamo come riferimento una pensione annua di 17038,84 euro e applichiamo i coefficienti disponibili ad oggi, emerge che occorre aver raggiunto un montante di almeno 305.000 euro.

In 20 anni di lavoro, serve quindi uno stipendio medio annuo di circa 46mila euro. Con uno stipendio netto mensile di 1750 euro. Una cifra che non scende di molto anche se si prende in considerazione il periodo massimo dei versamenti effettuabili nel contributivo, corrispondente a 26 anni.


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Le proposte di riforma delle pensioni e l’intervento sul moltiplicatore

Tenendo presente il quadro appena evidenziato, appare quindi evidente per quale motivo nel corso degli ultimi anni si è tornati più volte sulla proposta di riformare le regole della legge Fornero intervenendo anche su questo caso specifico. E in particolare, abbassando il coefficiente di conversione. Ad esempio, in diverse occasioni è stato proposto di abbassare l’importo d’ingresso ad 1,2 volte la minima.

In questo caso, basterebbe maturare una pensione da 561,72 euro (7302,36 euro l’anno) per poter accedere all’Inps. Un importo che consentirebbe a molti lavoratori che vivono situazioni di disagio o carriere non necessariamente brillanti di accedere alla pensione a 64 anni e con 20 anni di versamenti.

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