Pensioni anticipate 2022: si torna a parlare di quota 41 per i lavoratori precoci
Tra le richieste sulle pensioni anticipate dei sindacati c’è anche la quota 41 estesa a tutti i lavoratori. La misura dovrebbe agire insieme all’uscita generalizzata dal lavoro a partire dai 62 anni di età. Ma restano i dubbi sulle reali intenzioni del governo.
Sulle pensioni anticipate si torna a parlare di quota 41. L’opzione risulta attualmente disponibile solo in favore di quei lavoratori precoci che vivono particolari situazioni di disagio. Le parti sociali chiedono da tempo di generalizzarne l’accesso, in modo da garantire una misura di flessibilità previdenziale in favore di chi ha iniziato a lavorare in giovanissima età e si trova ad aver accumulato oltre quattro decenni di versamenti alle proprie spalle.
Sulla questione pesano i criteri previsti dalla legge Fornero. In base agli ultimi aggiornamenti, la riforma prevede per questo genere di lavoratori l’acquisizione di almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne). In alternativa, è necessario attendere i criteri della pensione di vecchiaia. Ma questa risulta accessibile solo a partire dai 67 anni di età (con 20 anni di contributi). Un limite anagrafico che risulta altamente penalizzante proprio per i lavoratori precoci.
Riforma pensioni 2022: la contrarietà dei sindacati alle ultime proposte in arrivo
Sul comparto previdenziale un accordo tra governo e sindacati appare ancora difficile da raggiungere, stante che le opzioni di dialogo si stanno riaprendo proprio in queste settimane dopo una lunga pausa dettata dal coronavirus. Nelle scorse settimane è emersa dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico l’ipotesi di garantire l’accesso alla quiescienza a partire dai 62 anni per tutti tramite il pagamento della sola quota contributiva dell’assegno. La pensione completa si raggiungerà così a 67 anni, una volta che maturerà anche la parte retributiva.
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Ma sull’ipotesi si è subito manifestata la contrarietà della piattaforma sindacale, formata da Cgil, Cisl e Uil. Mentre anche le altre sigle hanno espresso tutta la propria perplessità. Secondo il segretario generale dell’Ugl Paolo Capone, l’ipotesi rischia di ridurre le tutele previdenziali e di trasformarsi in un’ulteriore penalizzazione per i pensionandi.
Per questo motivo, l’Ugl manifesta la propria opposizione “e ribadisce l’importanza di una riforma strutturale fondata sulla flessibilità per i lavoratori che hanno almeno 41 anni di versamenti” oppure “62 anni di età e 20 anni di contributi” presso l’Inps. A questo punto sarà necessario verificare quale posizione verrà assunta dal Ministero del Lavoro, visto che a breve termine riprenderanno i colloqui con i sindacati.
Accesso all’Inps e flessibilità previdenziale: continua a pesare la scadenza della quota 100
Sullo sfondo continua a pesare la scadenza della sperimentazione legata alla quota 100. L’opzione consente l’accesso all’Inps a partire dai 62 anni di età e con 38 anni di versamenti, ma solo per coloro che matureranno i requisiti entro il 31 dicembre 2021. Per chi risulterà tagliato fuori al momento manca un’alternativa in grado di calmierare lo scalone rispetto ai requisiti previsti dalla legge Fornero.
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Un eventuale intervento correttivo dovrà comunque arrivare entro il termine dell’anno, per poter essere efficace a partire da gennaio 2022. Ma il governo ha già spiegato di non voler prorogare ulteriormente la misura. Mentre altre modalità di prepensionamento (come l’APE sociale e l’opzione donna) potrebbero effettivamente trovare conferma. Resta il fatto che senza una misura generalizzata di prepensionamento si rischia comunque di dover intervenire con nuove opzioni correttive già dal prossimo anno.
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