Pensioni anticipate, quota 102 e 41: proposta e calcolo, novità sulla riforma e possibili scenari
Sulle pensioni anticipate prende consistenza la proposta della quota 102: le nuove dichiarazioni in arrivo dal Presidente di Itinerari Previdenziali rimettono la previdenza al centro della discussione pubblica.
Sulle pensioni anticipate torna al centro del dibattito la quota 102. L’ipotesi prevede di rinnovare la possibilità di uscire dal lavoro dai 64 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti a partire dal 1° gennaio 2022. L’opzione dovrebbe sostituirsi alla quota 100, che attualmente fissa il paletto anagrafico minimo da raggiungere ai 62 anni di età.
In entrambi i casi non verrebbe applicata alcuna penalizzazione al futuro assegno, ma la prevalenza del calcolo contributivo puro potrebbe permettere comunque un bilanciamento votato all’equità. Uscire dal lavoro a 64 anni (anziché 62) garantisce infatti di avere una pensione più alta in virtù dei migliori coefficienti di conversione in rendita.
Riforma pensioni 2022: i parametri della proposta di Alberto Brambilla
Dal punto di vista pratico, l’esperto di tematiche pensionistiche Alberto Brambilla è tornato recentemente sulla questione analizzando il difficile contesto della situazione italiana. L’economista ricorda infatti che l’Inps è gravata da tre situazioni complesse. La prima riguarda l’impatto della pandemia sulla situazione occupazionale, oltre che economica in senso generale. La seconda è relativa all’aspettativa di vita delle persone.
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Infine, la terza riguarda la tipologia di coloro che desiderano accedere alla pensione. In quest’ultimo caso va ricordato che al momento il nostro sistema previdenziale presenta in via ordinaria la possibilità di ottenere la quiescenza a partire dai 67 anni di età e con almeno 20 anni di versamenti (con l’assegno di vecchiaia). L’anticipata della legge Fornero richiede invece almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne).
Vi sono poi numerose opzioni di prepensionamento disponibili in via sperimentale o in deroga ai criteri ordinari. È il caso della già citata quota 100 (in scadenza il prossimo 31 dicembre 2021). Ma anche dell’Ape sociale e dell’opzione donna, oppure della quota 41 destinata ai lavoratori precoci che vivono particolari situazioni di disagio. La prima permette l’accesso all’Inps dai 63 anni con 30-36 anni di versamenti, la seconda dai 58-59 anni con almeno 35 anni di contribuzione. La quota 41 prevede invece 41 anni di versamenti, dei quali almeno uno prima del compimento del 19mo anno di età.
L’effetto della pandemia sulle pensioni e il problema dell’aspettativa di vita
Stante la situazione appena delineata, in molti si chiedono quale potrà essere l’effetto della pandemia sul comparto previdenziale e quindi sulle nuove opzioni di flessibilità in uscita dal lavoro. Molto dipenderà dall’effettivo successo della campagna vaccinale. Nel caso in cui l’esito sia positivo, il progressivo recupero dell’occupazione persa e del Pil dovrebbe consentire di contenere i danni della crisi pandemica.
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Nonostante ciò, la quota 100 permette attualmente il pensionamento a partire dai 62 anni di età, mentre l’opzione donna consente l’uscita dal lavoro dai 58 anni. Per le donne, l’aspettativa di vita è stimata attorno agli 86 anni. Da questi numeri, si può comprendere perché i requisiti di accesso alla pensione devono essere studiati con attenzione, al fine di garantire la sostenibilità dell’ente previdenziale nel lungo termine.
La progressiva adozione del calcolo contributivo puro sta comunque ponendo in essere un meccanismo di sicurezza importante, visto che prevede semplicemente di restituire al lavoratore quanto accumulato negli anni di carriera attiva. Questo significa a livello collettivo maggiore sostenibilità del sistema. Ma a livello personale si traduce in assegni che diventano più bassi man mano che diminuisce l’età di accesso all’Inps.
Pensioni anticipate: dalla quota 102 alla quota 41, la flessibilità previdenziale resta indispensabile
Al di là dei conti appena evidenziati, resta implicito che un certo grado di flessibilità nell’accesso all’Inps risulti in ogni caso indispensabile. La legge Fornero ha previsto criteri molto stringenti. Le deroghe che sono state decise negli anni successivi non hanno infatti cambiato in senso strutturale il sistema. La conseguenza è che oggi, nel caso si lasciasse semplicemente scadere la quota 100, molti lavoratori si troverebbero dal 1° gennaio 2022 di fronte a uno scalone lungo fino a 5 anni rispetto ai propri precedessori.
In tal senso, la quota 102 appare la soluzione più equilibrata. Questo tenendo presente che resterebbe in essere la quota 41 per i lavoratori precoci che vivono situazioni di disagio, oltre alla pensione anticipata prevista dalla legge Fornero. Contestualmente, si potrebbero confermare nuovamente l’Ape sociale e l’opzione donna, così da tutelare i lavoratori che non riusciranno a maturare i requisiti di accesso entro il 2021.
Infine, per il Presidente di Itinerari Previdenziali sarà importante continuare a sviluppare i fondi di solidarietà. Si tratta di strumenti in grado di garantire dei meccanismi di prepensionamento, senza pesare eccessivamente sulle finanze pubbliche. I fondi bilaterali sono infatti alimentati dagli stessi lavoratori. Il turn over generazionale in favore di lavoratori e imprese avviene quindi contestualmente alla possibilità di una pensione decorosa in età avanzata.
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