Pensioni anticipate e riforma 2022, i sindacati chiedono l’uscita per tutti dai 62 anni o con 41 anni di versamenti
Le parti sociali sono nuovamente intervenute sulle pensioni chiedendo al governo di ripensare il sistema dopo il termine della quota 100. Serve garantire la flessibilità per tutti dai 62 anni di età.
I sindacati tornano in pressing sulla riforma delle pensioni, per chiedere maggiore flessibilità a partire dal 2022. Con l’avvio del nuovo anno non sarà infatti possibile continuare a usufruire della quota 100. L’opzione consente l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti, senza l’applicazione di penalizzazioni. Il provvedimento chiuderà la propria fase sperimentale il prossimo 31 dicembre 2021, mentre il governo ha già chiarito in diverse occasioni che non ci sarà alcun rinnovo.
Per evitare che si realizzi uno scalone lungo fino a 5 anni (con il ritorno alle regole previste dalla legge Fornero) serve dunque ripensare il sistema previdenziale pubblico. Negli scorsi giorni i segretari confederali della piattaforma sindacale Ghiselli, Ganga e Proietti (rispettivamente Cgil, Cisl e Uil) hanno scritto al Ministro del Lavoro Orlando chiedendo di far ripartire il tavolo di confronto sul tema. Ma le distanze tra le diverse posizioni sembrano ancora lontane, mentre il tempo scorre.
Per trovare una soluzione restano poco più di nove mesi. Il tempo stringe, soprattutto se si considera che la discussione sulla riforma del settore previdenziale prosegue da anni. In questo contesto la crisi economica e sanitaria dettata dal coronavirus rischia di rendere le cose ancora più complicate. L’avvento della pandemia ha rallentato i propositi di intervento nel settore, ma anche provocato degli effetti negativi sulla tenuta dei conti pubblici. Andando a stringere ulteriormente sui margini di intervento.
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Pensioni anticipate 2022: le richieste dei sindacati indicano la necessità di un’opzione dai 62 anni per tutti e della quota 41
D’altra parte, le richieste dei sindacati in merito alla flessibilità previdenziale sono note ormai da tempo. Il termine della sperimentazione legata alla quota 100 era noto da anni e su questo punto la responsabilità degli attori coinvolti risulta evidente. Se è vero che la pandemia non poteva essere prevista, è altrettanto scontato che il tema della riforma previdenziale è stato trascinato in avanti da tutti i governi che si sono succeduti dopo la riforma della legge Fornero.
Alla necessità di un profondo ripensamento del sistema previdenziale è stato risposto sinora semplicemente con interventi correttivi spot, senza implicazioni di lungo termine. Ora le parti sociali chiedono di arrivare finalmente a una soluzione definitiva. Ad esempio permettendo a tutti i lavoratori di ottenere l’accesso anticipato alla pensione a partire dai 62 anni di età e con i contributi effettivamente versati. In alternativa, si chiede la quota 41 per tutti i lavoratori (attualmente quest’ultima risulta possibile solo per chi vive specifiche condizioni di disagio).
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Per i giovani la piattaforma chiede inoltre di avviare una pensione di garanzia, che dovrebbe servire a sostenere il potere d’acquisto dei futuri pensionati iscritti al sistema contributivo puro. Allo stesso tempo, serve allentare la rigidità dei criteri di quiescenza del sistema contributivo. Questo perché le stime indicano che molti lavoratori con carriere precarie o discontinue rischiano di ottenere l’assegno solo sulla soglia dei 70 anni di età. Infine, serve valorizzare il lavoro di cura delle donne e riconoscere maggiore flessibilità a chi svolge attività gravose e usuranti.
Riforma pensioni e fine quota 100: urgente definire le coperture
Il quadro sul quale intervenire appare chiaro e definito ormai da tempo, ma i principali dubbi riguardano non tanto l’indirizzo strategico da seguire quanto la necessità di garantire la sostenibilità dei conti. Proprio sulle coperture di simili provvedimenti si gioca la partita con il governo. La grave crisi economica seguita alla pandemia ha reso ancora più complicato il percorso di reperimento e definizione delle coperture.
Una parte delle risorse potrebbe arrivare dagli stanziamenti non utilizzati per la quota 100. Mentre altrettanto importante potrebbe risultare il lavoro di divisione tra spese per assistenza e previdenza, affidato a un’apposita commissione. La progressiva adozione del calcolo contributivo puro nell’erogazione degli assegni previdenziali dovrebbe permettere l’avvio di una flessibilità progressivamente più ampia nel futuro (a parità di risorse impiegate).
D’altra parte, non è più possibile procrastinare ulteriormente un intervento nel settore. La stessa pandemia ha creato condizioni di disagio per moltissimi lavoratori in età avanzata. Mentre per i giovani serve far ripartire il turn over generazionale. La ricerca di una quadratura del cerchio sarà quindi difficile e complessa, ma è allo stesso tempo ineluttabile. Anche per questo il tema della riforma delle pensioni rappresenta uno dei nodi più difficili e allo stesso tempo più urgenti da sciogliere per l’attuale esecutivo.
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