Pensioni anticipate e quota 100: i sindacati chiedono di usare i 7 miliardi di risparmi per garantire le uscite dai 62 anni o con la quota 41
La riforma delle pensioni incombe. Le parti sociali in pressing sul nuovo governo per avviare le nuove pensioni anticipate. Si chiede un ripensamento del sistema in modo di superare definitivamente la legge Fornero.
Sulle pensioni anticipate prosegue il pressing dei sindacati. Nelle scorse ore le parti sociali sono tornate a chiedere di ripensare le regole della legge Fornero partendo dall’impiego dei risparmi accumulati con la quota 100. Con i mancati utilizzi dell’opzione di flessibilità negli scorsi anni si è concretizzato un tesoretto di circa 7 miliardi di euro. La piattaforma sindacale torna quindi a prendere posizione sul punto, chiedendo una vera e propria riforma del settore.
La questione si trascina avanti ormai da molti anni. La Quota 100 permette in via sperimentale di accedere all’Inps a partire dai 62 anni di età e con 38 anni di versamenti. Ma l’opzione risulta in scadenza al termine del 2021 e senza una sua prosecuzione moltissimi lavoratori si troverebbero di fronte a uno scalone lungo fino a cinque anni. Le regole ordinarie di quiescenza prevedono infatti la maturazione della pensione di vecchiaia a partire dai 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi.
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Mentre per l’uscita anticipata è necessario attendere i 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne). Di fatto, la quota 100 è solo l’ultimo dei meccanismi di flessibilità a tempo che si sono susseguiti a partire dalla riforma del sistema risalente al 2011. Sono passati ormai dieci anni dall’intervento lacrime e sangue sul comparto previdenziale, ma i provvedimenti che hanno avuto luogo negli ultimi anni non sono riusciti a intervenire in modo strutturale sui problemi atavici del comparto.
Riforma pensioni e quota 100: disponibili 7 miliardi di euro di risparmi
Stante la situazione appena descritta, appare scontato che uno dei dossier più scottanti per il nuovo governo Draghi e per il neo Ministro del Lavoro Andrea Orlando è proprio quello della riforma previdenziale. La Quota 100 sarà disponibile in via sperimentale ancora per pochi mesi. La misura è stata progettata per risultare funzionante nel triennio 2019 – 2021. La logica alla base dell’opzione di flessibilità è semplice.
Si tratta di uno strumento utile a traghettare i lavoratori verso una riforma complessiva del sistema, che possa garantire la giusta flessibilità in accesso all’Inps a tutti i lavoratori. Un’eventuale ulteriore proroga della misura rischierebbe quindi di trascinare ancora una volta nel tempo le problematiche rimaste irrisolte sin dall’approvazione della legge Fornero.
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D’altra parte, il ricorso alla quota 100 è stato ben più limitato rispetto alla platea complessiva dei potenziali aderenti. Secondo le ultime proiezioni, i lavoratori coinvolti entro il termine dell’anno dovrebbero essere circa 348mila. Si tratta di un terzo degli aderenti rispetto alle stime iniziali. Nel frattempo i mancati pensionamenti hanno però prodotto risparmi per circa 7 miliardi di euro. Un tesoretto che le parti sociali ora chiedono di impiegare nella riforma complessiva del sistema, in modo da superare definitivamente l’attuare rigidità presente nelle regole di quiescenza.
Le richieste dei sindacati: pensioni dai 62 anni e quota 41 per tutti
Le parti sociali hanno già chiarito in diverse occasioni quali sono gli obiettivi finali della piattaforma in merito alle pensioni. Serve garantire la possibilità di uscita volontaria dal lavoro a partire dai 62 anni, oppure una volta raggiunti i 41 anni di contribuzione. Particolari tutele devono inoltre essere attivate anche in favore delle parti più deboli del sistema. Il riferimento va a coloro che hanno svolto attività gravose e usuranti. Ma anche a chi subisce condizioni di svantaggio, come nel caso delle donne (per le quali si chiede il riconoscimento del lavoro di cura).
Infine, una parte importante della riforma deve riguardare anche i giovani. Per quest’ultimi è indispensabile pensare a una pensione di garanzia, visto che il sistema contributivo puro non prevede attualmente meccanismi di tutela simili all’integrazione al minimo. In linea generale, la progressiva adozione del calcolo contributivo mette in garanzia anche la nuova flessibilità previdenziale, considerando che al lavoratore viene semplicemente restituito il montante accumulato nel corso degli anni.
Trovare un accordo con il governo non sarà comunque semplice. Sullo sfondo ci sono i vincoli imposti dall’Unione europea. Quest’ultima non entra nel merito delle regole di accesso alla pensione, ma punta il dito contro il peso della previdenza sui conti pubblici. In questo caso sarà dirimente la nuova commissione destinata a fare chiarezza tra la spesa destinata all’assistenza da quella della previdenza. Insomma, nonostante ci troviamo a pochi mesi dalla necessità di una profonda riforma del sistema, la partita sembra ancora tutta da giocare.
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